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Questo è il mio blog personale, un blog di confine, dove proverò a pubblicare un pò di cose mie, per me e per chi le vorrà leggere.

Il Confine

...un confine, proprio perché si pone di fronte a una differenza, deve essere valicato, non deve essere ignorato ponendovi a limite la diffidenza, così come è valicato sistematicamente il confine che c’è fra il giorno e la notte, tra il prima e il dopo, tra la terra e il mare, fra l’uomo e la donna, tra la vita e la morte.

venerdì 28 novembre 2014

La melia



Oggi facendo la solita passeggiata col cane, stavo pensando che essendo io nato nel secolo scorso ed avendo vissuto ornai quasi dieci lustri, ho avuto modo nel tempo passato di sperimentare alcune attività che aiutavano moltissimo a riempire le giornate autunnali.
Infatti in questa stagione in molti campi il mais è già stato raccolto e dunque accadeva a quei tempi che si partiva in bici, io e mio padre, col carrettino attaccato dietro per andare a “mesunè”. Ora non chiedetemi di tradurre questa espressione piemontese perché non saprei farlo, ma si trattava in pratica di scandagliare a tappeto i campi di mais appena tagliati per recuperare tutti quei pezzi e scarti di pannocchie che la mietitrice non aveva raccolto. Con metodo e pazienza, sacco attaccato al fianco, si facevano delle notevoli scorte di grano turco. A cosa serviva, mi domandi? Beh è ovvio, per alimentare i polli e le galline durante l’inverno, no. D’altra parte si sa che allora tutte le famiglie, anche quelle che non possedevano una cascina, tenevano comunque dei polli e dei conigli. Mi pare fosse persino obbligatorio per legge. Poi quel mais andava però staccato dalla pannocchia, dunque era necessario “sgrunè la melia” ossia sgranare il mais per poterlo macinare. Attività che spesso si andava a fare anche da qualche conoscente o parente dotato di azienda agricola. Allora ci si metteva vecchi e bambini sotto il “cas” e pannocchia intera in una mano e “panot” dall’altra ce n’era da passare dei bei pomeriggi.
Ovviamente al giorno d’oggi non ci passerebbe neppure per la mente di fare delle robe del genere. Se vogliamo una pannocchia, intera o sgranata, possiamo andarcela comodamente a comprare al supermercato, dove ho visto vendono anche il fieno per i conigli d’appartamento, perfettamente confezionato in sacchetti di nylon, ad un prezzo suppergiù equivalente a quello del prosciutto crudo.
Ma a parte la melia c’erano altre cose che impegnavano l’autunno, come ad esempio la raccolta delle “famiole” che servivano alla mamma per preparare il sugo per la salsiccia e la polenta o la ben più nobile raccolta dei funghi, su a Cumiana, principalmente.
E si faceva pure la raccolta delle lumache, poverine, che, seppur prelibate, concludevano però la loro esistenza in maniera molto triste.
Insomma un sacco di cose e a ben pensarci non so nemmeno dove trovavamo il tempo di fare tutto questo, tant’è che le giornate, anche senza tecnologia volavano via veloci.
Ma è inutile stare lì  fare i nostalgici, senza tecnologia queste sciocche righe le avrei dovute scrivere con la biro su un quadernetto, per poi chiuderle in un cassetto, senza poterle far leggere a nessuno.

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