Quando
arrivavi nella metà di ottobre e ti svegliavi in una domenica fredda e uggiosa
che capivi che l’estate era ormai un ricordo lontano, veniva improvvisamente
voglia di andare a raccogliere un po’ di castagne. Dunque definitivamente intabarrati
con maglione e scarponcini, partivamo alla volta di Cumiana (sempre lì), fra
San Valeriano e la Costa, dove a mezza altezza si trovano buoni boschi di
castagne, appena sopra la quota dei faggeti.
Armati
di cesto e bastone passavamo alcune ore ad aprire ricci e selezionare le
castagne più belle, in mezzo alle foglie che ormai avevano steso un tappeto
uniforme sulla terra.
Se eri
fortunato e nei giorni precedenti aveva piovuto un po’, poteva capitare pure di
trovare qualche fungo, non dico porcini, ma almeno qualche “crava” rossa o nera senz’altro e a qual
punto la giornata diventava davvero proficua e il ritorno a casa molto più
soddisfacente.
Come è
ovvio, sarebbe stato poi opportuno mettere le castagne per qualche tempo in una
cassetta bassa e larga ad asciugare e seccare un po’, prima di consumarle, ma
chi poteva resistere quella sera stessa a fare le caldarroste per la prima
volta nella stagione?
Ed
ecco allora mio padre tirare fuori l’apposita padella bucherellata, ricavata
dal cestello di una lavatrice a cui era stato applicato il manico e accendere
il fuoco nel bidone di latta per preparare i frutti tanto desiderati.
La
mamma già che c’era approfittava dei funghi trovati e preparava un bel sugo per
la salsiccia e la polenta.
Con i
nonni e qualche amico si passava una bella serata in allegria e anche se il
giorno dopo c’era la scuola e ricominciava il solito tran-tran della settimana,
in quelle poche ore non ci pensavi e ti sembrava bello persino l’autunno.
Erano
cose talmente semplici che si possono fare persino oggi, basterebbe solo avere
voglia di partire, prendersi un cestino dietro e cercare una vecchia padella da
bucherellare. Chissà mai che domenica…